“La formazione è indispensabile allo sviluppo delle imprese e non è mai stata necessaria come in questa recessione. Toglierle risorse vuol dire impedire la crescita”. Giorgio Fossa, presidente Fondimpresa, evidenzia la incomprensibile contraddizione del Governo: da una parte, gli impegni per la crescita, dall’altra un’ipotesi di riforma del mercato del lavoro che dirotta sugli ammortizzatori sociali quelle che, sostanzialmente, sono le uniche risorse per la formazione: lo 0,30% delle retribuzioni. Dal convegno Fondimpresa “Il futuro del lavoro si chiama formazione”, alla presenza del viceministro del Lavoro, della presidente di Confindustria e dei vertici di Cgil Cisl e Uil, una sollecitazione forte a rivedere un provvedimento critico per lavoratori, imprese e economia.
Fondimpresa sostiene la tesi che “Il futuro del lavoro si chiama formazione” con i suoi numeri e con tre storie, scelte tra circa 30.000 piani finanziati. La storia della Salumi Felino, azienda che ricorre alla formazione per ottimizzare un prodotto che trova la sua eccellenza in una delle più tipiche tradizioni italiane. La storia della Rosss, azienda familiare che in pochi anni passa da 5 a 100 dipendenti, e mettendoli in formazione anche più di una volta riduce del 78% il tasso di infortuni e del 7% gli sfridi di alluminio. La storia di 116 lavoratori del tabacco in mobilità, che hanno imparato a costruire componenti per aeromobili e hanno tutti un nuovo lavoro.
Quanto ai risultati, il Fondo interprofessionale per la formazione continua di Confindustria, Cgil Cisl e Uil ha indirizzato le risorse delle aziende aderenti verso le più efficaci accezioni della formazione d’impresa: innovazione, sostegno alle piccole aziende, riqualificazione dei lavoratori in cassa integrazione, occupabilità e spesso nuovo impiego per i lavoratori in mobilità, sostenibilità ambientale, sicurezza sul lavoro, coniugando qualità e quantità. Il tutto per un totale di 1.700.000 lavoratori formati, in oltre 50.000 aziende. Un miliardo di euro spesi in piani formativi che, nell’80% dei casi, sono finalizzati all’innovazione, altri 200 milioni già disponibili per nuovi progetti, 50.000 cassintegrati riqualificati, 500.000 lavoratori più protetti perché coinvolti in corsi di formazione su salute e sicurezza sul lavoro. Forte attenzione alle realtà più deboli: appartiene alle Pmi il 90% delle aziende che hanno fatto formazione, e oltre il 50% è della piccola impresa, mentre il 35% dei lavoratori ha un basso titolo di studio e il 47% ha più di 45 anni. Tramite appositi bandi di finanziamento, le imprese sono state aiutate a guardare al futuro, intensificando i rapporti con chi fa ricerca o attivando contratti di rete.
Questa – commenta Fossa – è la dimostrazione concreta che formazione è crescita. Fondimpresa ha saputo rispondere adeguatamente alle necessità del sistema produttivo nella fase più dura, e sorprende anche solo l’ipotesi di diminuire o stornare le risorse disponibili quando, invece, abbiamo stimolato talmente tanto la domanda di formazione delle imprese che lo 0,30% non è più sufficiente a soddisfarla”. “Certamente è fondamentale potenziare ed estendere il sistema degli ammortizzatori sociali – osserva il vicepresidente Fondimpresa, Luciano Silvestri ‐ ma indebolire la formazione equivarrebbe, nel breve, a indebolire le imprese, aggravando il problema della disoccupazione. Con le esperienze formative dei cassintegrati e dei lavoratori in mobilità sono stati realizzati buoni esempi di politiche attive del lavoro che devono costituire un riferimento per altre esperienze. Ma è fondamentale non fare confusione tra politiche attive e passive, che sono complementari e non alternative, e questo vale anche per la gestione delle rispettive risorse”.